Il clima in passato

Si riporta di seguito una indagine climatica, riguardante la città di Jesi, la Vallesina e le cittadine limitrofe del territorio marchigiano centrale.

L'analisi climatica,  risalente a circa 35 anni fa, è tratta da "NELLE MARCHE CENTRALI-Territorio, economia, società tra medioevo e Novecento: l'area esino-misena", Tomo I, Capitolo 5, da pag. 62 a pag. 67, di G.Mazzufferi, a cura di Sergio Anselmi per la Cassa di Risparmio di Jesi, 1979.

 

 

 

Copertina del volume 

5. Il clima

I dati meteorologici raccolti nell'area consentono deduzioni di carattere climatico assai utili, se non indispensabili, per l'organica comprensione dei fenomeni che insistono sul territorio ed in particolare degli aspetti geomorfologici e botanici. Come è noto, oltre ai tre parametri essenziali in meteorologia, quali la temperatura, umidità e pressione dell'aria, altri fattori (precipitazioni, direzione ed intensità del vento, radiazione solare, etc.) concorrono alla corretta definizione della situazione climatica. E a complicare notevolmente le cose questi dati, al fine di essere utilizzati per studi climatici, debbono essere rilevati con precisione dell'arco di moltissimi anni87 per trarne deduzioni utili non solo alla ricerca pura, ma anche alle applicazioni in agricoltura, nell’industria, nelle attività turistiche e in quelle artigianali88.

Purtroppo, però, né la vallata del Misa, né quella dell’Esino dispongono di veri e propri osservatori meteorologici ed i dati provengono da piccole stazioni funzionanti in punti casualmente disposti89, mentre strutture di elevata organizzazione esistono nei territori limitrofi (Osservatorio Geofisico di Macerata e Osservatorio Valerio di Pesaro) e stanno conducendo proficue attività di rilevazione e di ricerca anche con immediati risvolti applicativi.

È evidente per il nostro territorio l’azione mitigatrice, di volano termico, svolta dal mare90, che, per quanto poco profondo, tende a spostare i valori termici più elevati dal periodo primaverile a quello estivo-autunnale. La temperatura media annua della costa può considerarsi compresa tra i 12,9° di Fano e di 14,5 di Ancona91. A Senigallia per esempio passa l’isoterma dei 14°, che, lungo il bacino dell’Esino, interseca il corso fluviale all’altezza dell’abitato di Moie. L’isoterma dei 13° corre poco sotto ad Arcevia ed attraversa l’Esino all’altezza della Gola della Rossa92. Con l’incremento dell’altitudine si assiste logicamente ad una diminuzione della temperatura, mentre, data la limitatissima estensione latitudinaria, l’incidenza di tale parametro è da considerarsi assolutamente irrilevante. Come curiosità si può annotare che le temperature minime assolute furono registrate nell’anno 1929 con -15° a Senigallia e – 19° a Fabriano. Non si dispone di dati precisi per i massimi estivi, ma si ricordano annate particolarmente calde nel 1928 e 1947. Le escursioni termiche più cospicue si riscontrano in genere molto all’interno, cioè lontano dal mare, come a Fabriano e nelle maggiori vette appenniniche.

Il regime pluviometrico della regione è piuttosto regolare: nei mesi estivi (giugno, luglio, agosto) si verifica un picco di minima, mentre nella stagione invernale il mese con il valore più basso è generalmente quello di febbraio; la massima quantità di precipitazioni si riscontrano nel mese di novembre.

Le isoiete93 mostrano valori, per la zona litoranea di ambedue i bacini, attorno agli 800 mm annui che progressivamente, verso l’interno, hanno incrementato con l’altitudine. Si raggiungono così i 1.000 mm di Arcevia e delle sorgenti del Misa o i 1200mm di Esanatoia e Matelica94.

Le precipitazioni medie annue sono state, nel periodo dal 1921 al 1960, di 772 mm per Senigallia e 1.025 mm per Jesi. Le precipitazioni nevose non rivestono particolare importanza nel nostro territorio: saltuariamente possibili in tutti i mesi invernali, sono nsoprattutto presenti in gennaio e febbraio, con una media di permanenza della neve al suolo di circa 8 gg per Fabriano95.

Anche se la rilevazione dell’umidità relativa sul lungo periodo è qui molto carente, si può affermare che i suoi valori sono distribuiti in maniera inversamente simmetrica alla curva delle temperature, per cui si hanno minimi in estate e massimi in inverno. Le escursioni sono sempre inferiori alle 25 unità96, anche nelle zone litoranee.

Anche per prevenire a dati rigorosamente scientifici sulla direzione e sulla velocità del vento occorrerebbero rilevazioni su tempi prolungati ed effettuate con metodiche attendibili 97. In carenza di ciò basterà affermare che nello spettro eolico invernale prevalgono i venti dei quadranti settentrionali, mentre, nelle altre stagioni, essi ruotano dallo scirocco (sud-est) al libeccio (sud-ovest), fino al maestrale (nord-ovest). In inverno un vento caratteristico batte con impeto la costa e soprattutto il litorale senigalliese: è la “bora”, vento freddo proveniente dal golfo di Trieste, con direzione nord-nord-est e con raffiche impetuose che raggiungono i 100 - 120 km/h. Altrettanto freddo anche se meno violento è il grecale (o greco), proveniente da nord-est, che rovescia sulla regione considerevoli masse d'aria fredda. Nei mesi primaverili ed estivi correnti moderate spirano in tale direzione: esse si incanalano lungo le valli fluviali98, e ne discendono, come brezze, durante le prime ore del mattino. Il vento di levante, anch’esso proveniente dal mare, è l’artefice delle più spettacolari mareggiate (talvolta veramente distruttive)99, mentre, per la conformazione orografica di questi bacini e per la presenza del massiccio e del promontorio del Conero, lo scirocco ha scarsa influenza sull’entroterra come vento umido e tiepido. Un vento di terra dalle inconfondibili caratteristiche è il libeccio, detto, comunemente “garbino”, che spira da sud-ovest; trova la sua lontana origine in un fronte proveniente dall’Atlantico in avanzata sulla nostra penisola e dall’instaurarsi successivo dell’anticiclone tirrenico. La sua temperatura molto elevata non trova giustificazione solamente nell’origine delle masse d’aria, ma, in seguito alla presenza della catena appenninica, anche in fenomeni di riscaldamento adiabatico100.

Addirittura inesistenti sono infine i dati sulla radiazione solare, che pure consentirebbero di formulare valutazioni di base estremamente importanti sia perché il sole è il motore di tutta la fenomenologia meteorologica, sia perché tutti i viventi dipendono strettamente dalla fotosintesi, operata dalle piante verdi101. Possono comunque utilizzarsi i dati riferiti alla stazione di Ancona dedotti, per il periodo 1958-1969, dalle misure dell’Aeronautica Militare102.

L’area esino-misena ricade dunque nelle caratterizzazioni tipiche del clima mediterraneo sulla costa, submediterraneo nella zona collinare e di tipo quasi oceanico103 in quella con cime montane più elevate. Come osservazione generale ascrivibile agli aspetti climatici può essere sottolineato che le precipitazioni si concentrano soprattutto nei mesi invernali e l’estate secca influisce sia sul regime fluviale (quindi decisamente torrentizio) che sulla falda freatica, soggetta pertanto ad un minimo stagionale in autunno. Questo fenomeno è condizionante per lo svolgimento di alcune attività umane e soprattutto per gli effetti sulla vegetazione. Per descrivere tali situazioni sono normalmente impiegati i diagrammi pluviometrici di Bagnouls e Gaussen che consentono di evidenziare la presenza di un eventuale periodo xerotermico, individuabile nell’area di intersezione tra le due curve, che è identificato dai botanici come un periodo critico per la vegetazione in quanto a scarse precipitazioni corrispondono temperature con sensibili effetti sul bilancio idrico di molti vegetali104. I quattro grafici (diagramma1) si riferiscono a dati meteorologici raccolti nel periodo 1921-1965 in tre stazioni del bacino dell’Esino (Jesi, Montecarotto e Fabriano) e in una del bacino del Misa (Arcevia).